Il problema dei divorziati risposati

Vorrei sottolineare due sentieri (da odos) per il sinodo ( sun-odos) percorribili anche se divergenti:
l’uno espresso da chi evidenzia la monogamia e la indissolubilità del sacramento e chiaramente non vuol procedere oltre,
l’altro, da chi, riflettendo sulla situazione pastorale contemporanea, rintraccia la possibilità della benedizione di una seconda unione coniugale.
 

Dal momento che papa Francesco ci sprona alla chiarezza e alla sincerità premetto che propendo per la seconda ipotesi, sostenuta dal card. Kasper, che rintraccia nella prassi teologica e liturgica della Chiesa del primo millennio (Chiesa che respira a pieni polmoni) il fondamento per ammettere nella Chiesa a pieno titolo, e quindi all'Eucaristia, chi è divorziato, in un impegnativo cammino penitenziale.
 

Diamo, dapprima, uno sguardo alla prassi liturgica attuale:  il rito      e        il lezionario del rito.
 

Leggiamo la relazione del card. Kasper e in particolare sottolineiamo:

La domanda è:
Questa via al di là del rigorismo e del lassismo, la via della conversione, che sfocia nel sacramento della misericordia, il sacramento della penitenza, è anche il cammino che possiamo percorrere nella presente questione?
Un divorziato risposato:
1. se si pente del suo fallimento nel primo matrimonio,
2. se ha chiarito gli obblighi del primo matrimonio, se è definitivamente escluso che torni indietro,
3. se non può abbandonare senza altre colpe gli impegni assunti con il nuovo matrimonio civile,
4. se però si sforza di vivere al meglio delle sue possibilità il secondo matrimonio a partire dalla fede e di educare i propri figli nella fede,
5. se ha desiderio dei sacramenti quale fonte di forza nella sua situazione, dobbiamo o possiamo negargli, dopo un tempo di nuovo orientamento (metanoia), il sacramento della penitenza e poi della comunione?
 

Qualora la Chiesa, partendo dal sacramento della Penitenza, decidesse di respirare con i due polmoni, quello occidentale e quello orientale, potremmo prendere in considerazione, continuando a leggere la relazione del card. Kasper
 “per esempio da una parte
O. Cereti, Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva, Bologna 1977, 2013, (cfr. presentazione in “Confronti” del gennaio 2014 e scritto)
e dall’altra 1-1. Crouzel, L’Eglise primitive face au divorce, Paris 1971,  e  J. Ratzinger, Zur Frage der Unaufloslichkeit der Ehe. Bemerkungen zum dogmengeschichtilchen Befund und seiner gegenwärtigen Bedeutung, in F. Heinrich/V. Eid, Ehe und Ehescheidung, München 1972, 35-56 (simile nell’ Oss. Rom 30 novembre 2011).

Non può però esserci alcun dubbio sul fatto che nella Chiesa dei primordi, in molte Chiese locali, per diritto consuetudinario c’era, dopo un tempo di pentimento, la pratica della tolleranza pastorale, della clemenza e dell’indulgenza.
Sullo sfondo di tale pratica va forse inteso anche il canone 8 dei Concilio di Nicea (325), rivolto contro il rigorismo di Novaziano.
Questo diritto consuetudinario viene espressamente testimoniato da Origene, che lo ritiene non irragionevole (Commento al Vangelo di Matteo XIV, 23).
Anche Basilio il Grande (Lettera 188, 4 e 199, 18), Gregorio Nazianzeno (Oratio 37) e alcuni altri vi fanno riferimento"
. (cfr. i testi da Nicea a Nazianzeno)

A questa posizione reagiscono con fermezza i cardinali Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica; Walter Brandmüller, presidente emerito del Pontificio Comitato di scienze storiche; Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e Velasio De Paolis, presidente emerito della prefettura degli affari economici.
Una precisa indicazione è stata data dal card. Joseph Ratzinger, che ribadisce come la fine dell'amore, la morte dell'amore  non possa essere fondamento della fine del matrimonio.
Circola in internet e viene pubblicato un documento di teologi domenicani, che propongono "alcune aperture sul piano giuridico (potenziamento dei tribunali di prima istanza)" ma sono contrari alle "riflessioni proposte dal documento del card. Kasper".

Riprendendo la tesi della possibilità della benedizione della seconda unione coniugale, che cerca fondamento nella riflessione dei fratelli ortodossi, propetto due considerazioni divergenti: una sul web, un testo di Basilio Petrà, l’altra tratta dal libro "Francesco Jorge Mario Bergoglio" di Andrea Tornielli.
In modo esemplare il prof. Cesare Giraudo, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Orientale riprende il tema, inserendolo nel sacramento della Confessione (link al sito didattico)
Dal libro di  Stefano Rosso sulla celebrazione nel rito bizantino indico la preghiera per l’Ufficio delle seconde nozze e dal sito della Chiesa ortodossa di Torino una celebrazione delle seconde nozze.
Liturgicamente i testi potrebbero essere adattati per la benedizione della seconda unione coniugale, opportunamente inseriti nei rituali attuali sul rito del matrimonio, cui all'inizio pagina si è fatto cenno.
Pastoralmente, nella Misericordia, è possibile iniziare un cammino di confronto teologico-liturgico che conduca alla benedizione di una seconda unione coniugale, mantenendo valido il principio che le nozze sono uniche e non ripetibili, tranne che in caso di morte fisica di uno dei coniugi.
Un primo passo nell'itinerario da proporre: scoprire la sacramentalità della Parola di Dio.
                                                                                          in un cammino penitenziale serio